11 dicembre 2015

centri di "accoglienza"?

Reduce oggi da un aggiornamento all'università di Genova per giornalisti, avvocati e assistenti sociali sul diritto dell'immigrazione (pensa, è nata una nuova branca del diritto..). A parte l'intervento superspecifico sul diritto di risarcimento danni per stranieri non residenti in Italia che mi ha fatto domandare se ero nel posto giusto, il secondo intervento di un giovane dottorando sulla legittimità dei centri di accoglienza dove vige il cosiddetto "trattenimento" (una specie di detenzione dorata, secondo un neologismo giuridico) mi ha dato molto da pensare. Ne è valsa la pena (anche perché Genova è sempre suggestiva).
Senza tirarla alle lunghe su come si sia passati in pochi anni da trattenimenti di poche settimane a trattenimenti di anni e su come sia stato possibile guadagnarci sopra, la sua conclusione è stata decisiva. Accogliere significa "mettere insieme", intendendo mettere insieme noi e loro. Invece abbiamo fatto una raccolta differenziata, perché mettiamo insieme dividendo. Calcolando che siamo in piena procedura di effrazione perché lasciavamo andar via senza identificare quelli che volevano andare in altri paesi (buona strategia per smobilitare un'Europa un po' immobile, ma noi lo facevamo perché eravamo incapaci di gestire la situazione), tra breve si scoprirà che sotto gli occhi di tutti detenevamo illegalmente delle persone senza averne diritto. Bravi, bravi.

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