22 maggio 2015

religione e modernità

Leggendo "Un mondo disincantato?" di Marcel Gauchet che parla delle trasformazioni delle religioni nelle società contemporanee, da lui chiamate società "uscite dalla religione", non perché sia venuta meno la fede, ma perché la religione non è più il quadro scontato di riferimento per tutto, ho trovato un sacco di spunti interessanti. Secondo lui è vero che le religioni sono relegate nel privato, ma non nel senso del proprio intimo. Nel senso che come tutte le altre ideologie devono fare i conti col pluralismo delle idee e devono trattare le altre opinioni con pari dignità, anche se non le condividono. Se faranno questo atto di umiltà (si può fare, no?) allora potranno recuperare un loro ruolo pubblico perché hanno una tradizione secolare di riflessione sull'umanità, di elaborazioni artistiche e culturale, di spunti pratici di azione e di politica... In una società in cui si è tutti presi da ciò che si può fare, dall'idea di un continuo progresso non solo economico, prima o poi viene fuori la grande domanda: "Ma che senso ha tutto questo?". E le religioni possono proporre fondamenti dell'umano che altri non hanno.
Viene in mente certe posizioni arroganti che a fronte di teorie anche molto discutibili tipo gli estremismi del gender rispondono acidi con risposte preconfezionate, trovate su qualche rivista cattolica senza manco sapere di cosa si parla e senza manco pensare che di fronte non ci sono più persone solo con la quinta elementare... Statti buono, ascolta con umiltà e di' la tua con serenità, che tanto la fede non scompare con le famiglie omosessuali come non è scomparsa con l'avvento della democrazia e come non è scomparsa con la traduzione della Bibbia in lingua volgare. Magari rischi che qualcuno ti ascolti con attenzione e si faccia qualche domanda.

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