21 maggio 2012

a scuola dal brasile...

Ieri abbiamo ascoltato la testimonianza di fede di due giocatori brasiliani dell'Asti Garage, che sono venuti ad incontrare i giovani a san Domenico Savio. E' stata una testimonianza che aveva da insegnare molto non solo ai giovani: lontani dal loro ambiente eppure convinti del loro credo al punto da parlare con abbondanza di citazioni bibliche (anzi si erano portati dietro pure una Bibbia).
In particolare hanno parlato di come i giovani da loro siano un po' gli artefici della celebrazione eucaristica e portino avanti con entusiasmo la fede, rendendo il clima ecclesiale decisamente caldo. Qui è un po' diverso, perchè siamo tutti un po' freddini...  Inoltre hanno fatto la distinzione tra coloro che partecipano avendo avuto esperienza di Cristo e coloro che partecipano perchè è una cosa buona (con una bellissima metafora del volo d'aereo).
Peccato che stiano per tornare in Brasile per l'estate, al termine del campionato. Ma sicuramente ci si rivede a settembre. E' proprio vero che a volte la fede si trova nei luoghi più impensati...: in una squadra di calcio...

6 Commenti:

Alle 22 maggio 2012 alle ore 12:08 , Anonymous Anonimo ha detto...

Nella tua ultima frase dimostri del pregiudizio e un pò di presunzione: perché la fede non potrebbe esistere in altri luoghi che non sono la chiesa?
Cos'è che ti sconvolge nell'averla trovata in una squadra di calcio?
Non ti capisco.

 
Alle 25 maggio 2012 alle ore 12:29 , Anonymous Anonimo ha detto...

Diciamo che da come va il mondo del calcio in Italia a volte non solo non lo si associa con la fede ma neanche con l'onestà. Quello intendevo. Ma forse è solo il calcio delle grandi squadre: dove giocano i più giovani e i più piccoli si riesce ancora a giocare per il semplice gusto di giocare. Poi è vero che ogni singolo giocatore è un mondo tutto a sé, nel bene come nel male...

 
Alle 25 maggio 2012 alle ore 17:27 , Anonymous Anonimo ha detto...

anche nel calcio delle grandi squadre ci sono molte eccezioni...
l'articolo che allego è un pò datato, ma rende l'idea.

tratto da http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7175

Calcio e fede. In nome di Dio, fate gol

Salas parla col Signore. Albertini non bestemmia mai. Ronaldo aiuta i bambini poveri... In un libro le confessioni di 74 calciatori
di Sandro Magister

Si inginocchia e fa il segno della croce. Leva la mano in alto a indicare il Regno dei Cieli. Ma non è un martire nell'arena. Il boato della folla è per il suo gol, non per i leoni. Marcelo Salas, venticinquenne punta della Lazio, vuole semplicemente «parlare di Dio in ogni occasione». Anche quando segna. Sarà perché è nato la notte di Natale in un povero villaggio del Cile, una specie di Betlemme delle Ande, ma «con Dio mi piace parlare molto», dice, «fin da bambino».

Sui campi di calcio Dio gioca più di quanto si creda. Mariolino Corso non era il suo piede sinistro, nella grande Inter di Helenio Herrera? Poi scese dal cielo Diego Armando Maradona, tra fiammate sulfuree e lampi soprannaturali. «Penso sempre a Dio, so che lui è lassù e ci guarda tutti, proprio tutti», ha confessato a Giampaolo Mattei, giornalista dell'"Osservatore Romano", il giornale del papa. Mattei, più che del pallone, è andato a caccia di anime. Ha intervistato 74 tra calciatori e allenatori, con domande tutte sulla fede, e ne ha tratto un libro intitolato "Grazie Dio", edito da Piemme.

Quante sorprese, tra le risposte. Ecco gli "Atleti di Cristo". Tra brasiliani potrebbero mettere insieme una nazionale. Sono evangelici battisti, leggono la Bibbia tutti i giorni e fanno apostolato con fervore. «Qualcuno mi prende in giro e mi chiama l'apostolo Paulo», dice Silvestre do Nascimento Paulo Sergio. Un altro come lui è Rogerio Ricardo de Brito detto Alemao: «Abbiamo la gioia di credere in un Dio vivo e non in un Dio morto! Trasmettiamo questa felicità». Mietono vocazioni anche tra i forestieri. «Nel Napoli ho avuto tra i miei compagni di squadra Alemao», racconta Michele Padovano: «Mi ha convinto. Ho abbracciato la confessione evangelica battista. Non per moda, ma per scelta».

Ci sono i tiepidi. Dino Zoff, ct della Nazionale, lo ammette: «Ho fede, ma mi applico poco». Gli svagati, come Christian Vieri: «Non è che prego, penso alle cose belle del mondo. Vado in chiesa a pensare in tranquillità». Quelli che se ne stanno in panchina, tipo Paolo Maldini: «Sono credente ma non praticante. La Chiesa cattolica è un'istituzione anacronistica». Ma questo è lo sfondo. In primo piano brillano fedi che vorrebbero spostare le montagne. Parola di Giovanni Trapattoni: «Vorrei davvero avere una fede così. Quel passo del Vangelo mi ha sempre colpito». Perché lui alla fede è stato allenato fin da piccolo, tra casa e chiesa in quel di Cusano Milanino: «Vengo da una famiglia molto cattolica e ho una sorella suora, prego ogni giorno al mattino e alla sera». Al punto che oggi gli vien quasi voglia di ricambiare: «Se dessi alla Chiesa la stessa grinta che do alla mia squadra...». Intanto incoraggia sempre i suoi giocatori ad andare a messa: «Penso che se una squadra va a messa cresce l'amalgama, la serenità. Puoi anche perdere una partita, ma non perdi di vista ciò che veramente conta».

continua...

 
Alle 25 maggio 2012 alle ore 17:28 , Anonymous Anonimo ha detto...

A messa ci va anche chi non vi aspettereste. Nils Liedholm è svedese e luterano. Facesse come l'altro allenatore nordico, Sven Goran Eriksson, in chiesa andrebbe «pochissime volte perché anche in religione, come sul campo di calcio, gli schemi non devono essere rigidi». E invece no: «Accompagno ogni domenica alla messa mia moglie, che è cattolica praticante, e lo faccio volentieri». In tasca tiene sempre un crocifisso: «Mi piace sapere che è con me. Mi ricorda i doveri che ho come uomo».

Lorenzo Minotti, quando giocava nel Cagliari, a messa andava addirittura tutte le mattine, nel santuario di Bonaria. Lui da piccolo, nel suo paesino della Romagna, era diviso tra don Camillo e Peppone e a giocare andava coi comunisti. «Ma il fatto che mi ha veramente cambiato il cuore è accaduto a Parma qualche anno fa, quando uno sconosciuto venne al nostro campo d'allenamento, in un momento difficile per la squadra. Ci diede un santino con la scritta: "Gesù amami come sono". Per noi cambiò persino la vita sportiva perché ottenemmo ottimi risultati. Soprattutto ho iniziato con alcuni compagni, come Apolloni e Bucci, uno straordinario cammino di fede». Si dà anche molto da fare per la donazione del midollo osseo. Le buone azioni sono diffuse tra i calciatori. Ronaldo Luiz Nazario De Lima, che dice di non essersi ancora ripreso dall'emozione dell'incontro col papa, ci tiene a «prestar voce ai bambini poveri del mio Brasile, i "meninhos de rua" con cui da piccolo ho giocato al pallone».

C'è chi la fede l'ha persa. Didier Deschamps confessa: «L'ho persa a causa della morte di mio fratello in un incidente aereo. Dio se esistesse non potrebbe consentire un'ingiustizia così grande. Ringrazio i miei genitori per l'educazione seria e rigorosa che mi hanno dato. Un'educazione cattolica e molto profonda. Mi spiace anche per loro, oltre che per me, aver perduto la fede. Sono sincero. Questi sono i valori che ritengo fondamentali».

Ma c'è Milienko Kovacic che, un anno fa, per la fede ha abbandonato il pallone: «Nella mia scala dei valori la fede in Dio è al primo posto. Al secondo la famiglia. Lo stile di vita che si pretende dai calciatori è lontanissimo da questi valori. Conta solo vincere. Se uno ti fa un fallo, tu glielo devi rifare. Così ho detto basta». È tornato in Croazia: «Faccio il contadino, lavoro per la mia famiglia, prego il Signore. È a lui che dobbiamo donare la vita. Ci può essere felicità più grande?».

Demetrio Albertini è tra i tanti che hanno imparato a tirar calci negli oratori. Ha un fratello prete, parroco a Barbaiana di Lainate: «Vado spesso nella sua parrocchia a giocare al pallone». Nel Milan, dice, «ho preso l'impegno di convincere i miei compagni a non bestemmiare. A tal punto che qualche volta quando uno bestemmia poi viene a chiedermi scusa. Risultato: al Milan oggi si bestemmia molto meno». Anche Carlo Mazzone, religiosissimo, come allenatore non transige: «Non voglio che ci siano bestemmie o parolacce in campo. Prego che il Signore faccia nascere gente perbene. Ultimamente forse Dio ha messo al mondo troppe persone non buone, ci vuole una ripulitina: è una battuta ovviamente».


e ancora...

 
Alle 25 maggio 2012 alle ore 17:30 , Anonymous Anonimo ha detto...

e per finire...

Giuseppe Signori l'ha presa male quando a bestemmiare ha visto addirittura un parroco. «Meglio i frati, quelli che camminano scalzi e sanno vivere nella povertà». Come il santo di Pietrelcina: «Faccio parte della schiera delle persone miracolate da padre Pio. Nel 1991 ebbi un pauroso incidente stradale e ne uscii illeso. Indossavo una canottiera benedetta da padre Pio». Un altro miracolato, ma dalla Madonna Aparecida, è il brasiliano Antonio De Oliveira Filho detto Careca. Poi ci sono quelli che nella fede dicono d'aver trovato la forza di superare le prove. Ronaldo l'infortunio al ginocchio. Roberto Baggio gli altri suoi malanni: «Molti medici mi dissero che non avrei potuto proseguire la carriera. È stata la fede buddista a farmi ottenere ciò che speravo».

George Weah, di famiglia cristiana, s'è fatto musulmano. «Prego sempre, cinque volte al giorno. Anche per strada, anche se gioco. Ho capito che l'Islam è la religione giusta per me e per tutti i neri del mondo». Damiano Tommasi stava quasi per entrare in seminario. «Ma ho incontrato Chiara. È il Signore che chiama chi vuole». Ha fatto l'obiettore di coscienza con la Caritas. Ha riportato alla fede altri calciatori, «come quel mio compagno di stanza a Verona che non andava a messa da molti anni». Ma quanto ad apostolato, il capocannoniere è Abel Eduardo Balbo: «La mia prima squadra è stata l'Udinese e all'inizio andavo da solo a messa, poi hanno cominciato ad accompagnarmi due o tre compagni e alla fine veniva a messa quasi tutta la squadra. Ogni tanto qualcuno mi prende in giro per la mia fede. Ma non è un mio problema, piuttosto è un problema di chi mi prende in giro. Ci sono colleghi che amano farsi vedere insieme con top model o rockstar mentre io parlo della Madonna. Capisco che non andrò mai di moda, ma ciascuno ha il proprio stile di vita. E il mio a me va benissimo».

 
Alle 26 maggio 2012 alle ore 14:13 , Anonymous don dino ha detto...

accidenti un bel po' di materiale da leggere...
beh si conferma, proprio nella festa di Pentecoste, che lo Spirito lavora anche in modo nascosto. Meglio così.

 

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