27 settembre 2013

scegliere di non appartenere

Era il titolo di un dibattito al quale ho assistito ieri all'Università di Torino nell'ambito di Torino Spiritualità: esperienze e riflessioni in merito allo "scegliere di non appartenere" (a qualche tradizione o gruppo religioso). Spunti decisamente interessanti, tutti giocati sul linguaggio. Per esempio:
- in genere si usa "scegliere" per esprimere in positivo cosa scegli: anche il non appartenere però può essere una scelta e non solo una deriva o segno di indifferenza
- perché usare sempre il linguaggio degli "ex" (ex- tossicodipendente, ex-ateo, ex-cattolico, ex-prete) in una società caratterizzata da grande mobilità, per cui parlare di "ex" sarebbe fissare l'identità di qualcuno al passato?
- più che "scelta di appartenere o di non appartenere" si dovrebbe dire che un'esperienza "mi appartiene o non mi appartiene", per evitare di dare il senso dell'intrupparsi dietro qualche organizzazione (questo detto da un membro di Scientology che partecipava al dibattito).
Tutto interessante. E' che mi sono reso conto di quanto diverse sono le prospettive sulla società da parte degli ambienti laici (non laicisti necessariamente) e da parte degli ambienti ecclesiastici. Dialogo sempre più difficile?

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