11 dicembre 2018

linguaggio decostruttivo (?)

Jacques Derrida
Ieri ho partecipato alla presentazione del 27° rapporto sulle migrazioni a cura di Migrantes e Caritas Italiana, tutto centrato sull'analisi del linguaggio che viene usato per parlare di questo fenomeno. Avevo intuito che c'è più una emergenza culturale che una emergenza sociale perchè il clima nei confronti dei migranti stranieri è decisamente cambiato. Eppure ci sono molte storture: se il migrante è bianco non fa impressione, se è nero sì; se il migrante è laureato e ricco no, se è povero sì, ecc. ecc. Il filosofo Jacques Derrida usava dire che in certe situazioni non occorre costruire, ma distruggere, o meglio "decostruire" e che l'uso del linguaggio è una delle forme più potenti. Qualche esempio che mi veniva in mente. Si dice che non va bene che in caso di reati si specifichi la nazionalità del colpevole, quasi facendo un collegamento tra migrazione e criminalità. Colpa dei giornalisti. E chi l'ha detto? Semmai bisognerebbe una volta o l'altra trovare un titolo tipo "Italiano aggredisce anziana signora". Decostruire con il linguaggio...
Oppure ci si lamenta perchè tutta l'attenzione è centrata sui flussi migratori attraverso i barconi quando il grosso avviene in altri modi. E si dice: colpa dei giornalisti. E chi l'ha detto? Semmai bisognerebbe trovare una foto di tutti i calciatori comprati da squadre italiane per dire che anche quello è un flusso migratorio. E così via. Alla paura non si risponde dicendo che non bisogna averne e che la colpa è di qualcuno: si risponde sgretolandola.

"Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada" (Mt 10,34): anche Gesù ha usato un linguaggio decostruttivo...

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