22 novembre 2010

musica per lo spirito

Ieri ho avuto due esperienze musicali (anzi anche di più, ma queste due sono più emblematiche). La prima è il canto dei Vespri solenni in Cattedrale in occasione della festa della Chiesa locale. Canto religioso per eccellenza, eseguito molto bene dal coro diocesano (che ho scoperto aver avuto solo quattro prove per impararlo!). Eppure comunicava tutto tranne che lo Spirito. Impossibile da cantare e anche impossibile da seguire.
La seconda è stata un concerto di violoncelli la sera nella chiesa di San Domenico Savio. Manco un canto religioso: colonne sonore di film, musica lirica, classica, pop, perfino i Metallica. Eppure quel sono di violoncello colpiva nel cuore: il timbro, la bravura dei quattro (maestro e tre allievi molto giovani), il repertorio. Non era solo un'emozione musicale: era la rivalsa dello spirito su quello del pomeriggio.
In realtà tra le due esperienze musicali c'era anche stato il concerto d'organo, sempre in Cattedrale, con musica quasi tutta sacra. Lì era un onorevole compromesso: ma si sa che un organo in chiesa già di suo eleva lo spirito. La sorpresa è stata proprio il violoncello...

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4 Commenti:

Alle 23 novembre 2010 alle ore 09:20 , Anonymous Anonimo ha detto...

Per la tua prima esperienza anche il Vescovo l'ha notato e, forse con poca delicatezza, l'ha sottolineato...mi spiace per il coro diocesano, ma spesso le armonie più semplici sono quelle arrivano più dirette al cuore. La musica dovrebbe essere a servizio della liturgia e non essere un mero sfoggio di bravura, che, evidentemente, non paga.
Concordo in pieno per il concerto dei violoncelli: davvero coinvolgente ed emozionante. Da ripetere...con i microfoni per i cantanti, però!

 
Alle 26 novembre 2010 alle ore 14:48 , Anonymous Anonimo ha detto...

A proposito della complessità dei canti eseguiti dal Coro diocesano, sulla Gazzetta di oggi c'è un articolo (che si trova anche sulla pagina di Facebook dell'Istituto Diocesano Liturgico Musicale di Asti) con la spiegazione a discolpa del direttore stesso dell'IDILIM: qui si può leggere che, praticamente, sarebbe colpa dell'assemblea che, per una diffusa mancanza di abitudine e di puntualità, non partecipa alle prove di canto prima della liturgia e quindi non può rispondere alle melodie che il coro intona.
Ho come l'impressione che l'assunzione alla dignità di canonico cantore del don (stessa carica già ricoperta nel 1723 anche da J.S. Bach a Lipsia) gli abbia dato un pò alla testa, o no?!

 
Alle 28 novembre 2010 alle ore 14:29 , Anonymous don dino ha detto...

grazie della segnalazione...
così scopriamo che le musiche astruse sono di Mauro Ronca, al quale riconosciamo ovviamente il merito che gli spetta. Il problema è l'utilizzo di quelle melodie: se l'obiettivo è quello di educare musicalmente l'assemblea, forse ora ha fatto un passo indietro.
La musica è come la filosofia:
- se è per fare progredire la disciplina, non deve stare dietro alla gente, ma al massimo deve trascinarla
- se è per farsi comprendere, deve avere la pazienza di stare dietro alla gente con pazienza e non pretendere che la gente stia al passo.
Ma per un'azione liturgica cosa è meglio? La risposta mi sembra ovvia.

 
Alle 17 febbraio 2011 alle ore 00:50 , Anonymous Don Simone Unere ha detto...

Lo Spirito si è rivalso, oltre che del coro diocesano, anche del post e dei commenti precedenti, i quali mi colpiscono per quanto siano colmi di pesanti giudizi e sentenze, anche sulle intenzioni.
Per Anonimo, chiunquetussia, per tua informazione volevo dirti che il kantor (quale era Bach) e il canonico cantore sono due cose proprio diverse... ma forse eri troppo concentrato/a sulla battutona finale per accorgertene, o no?!
E se, oltre alle prove canto, conoscete qualche altro mezzo per insegnare a cantare, fatemi sapere, ok?

 

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