03 aprile 2011

preti come venditori?

In un articolo pubblicato su Desk 4/2010 (è la rivista dell'Ucsi: Unione Cattolica Stampa Italiana) veniva pubblicato un articolo di Adele Savarese. dottoressa magistrale in Scienze delle Comunicazioni, sull'impatto dei marchi (brand) sull'opinione pubblica attraverso i media. Un tema un po' specialistico ma che ho provato ad applicare ai preti. Per es. evidenziava quattro esempi di gestione dell'informazione con i clienti: 1) rispondere immediatamente ai quesiti dei clienti e, nel caso non si sapesse la risposta dirlo e impegnarsi a cercarla (= quando a te sacerdote qualcuno ti chiede qualcosa, non puoi dire: "lo farò" ma dovresti almeno dire "lo farò domani") 2) l'uso di un tono di voce corretto, che tenga anche conto della serietà (o meno) di qualcosa che ti viene chiesto (= non puoi sempre fare il duro con qualsiasi cosa ti venga chiesta: se è una c-----a, devi saperci ridere sopra) 3) non devi nascondere nulla ma devi lavorare per la massima trasparenza, soprattutto quando qualcuno ti ha sgamato mentre facevi cose non proprio corrette (= non vale più il principio del silenzio, anche per proteggere qualcuno: se lo fai allora sei tu responsabile che te ne devi assumere la responsabilità, ma dicendo che taci per proteggere una parte debole) 4) coinvolgere sempre il consumatore nel caso di errori di immagine, sollecitando possibili alternative (= devi sempre coinvolgere le persone, ancor più quando hai sballato qualcosa). Interessante no? Anche il prete in un certo senso "vende" qualcosa, solo che lo vende gratis...

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