14 dicembre 2012

un cristianesimo delle "buone pratiche"

Leggendo il testo di Luigi Berzano e Carlo Genova "Sociologia dei lifestyles" vengono tante suggestioni per ripensare al cristianesimo. Dando per scontata la fine della cristianità come cultura dominante segnata dal Vangelo sarebbe interessante ripensare una ricostruzione radicale, simile a quella del monachesimo alla fine dell'impero romano, ma non centrata sull'isolamento in luoghi-isole speciali (come furono appunto i monasteri). Una ricostruzione all'interno del contesto di vita normale ma di tipo culturale: sviluppare stili di vita ben definiti e fatti di "buone pratiche", ispirate al Vangelo ma senza la pretesa di un progetto generale. Per esempio: acquistare il meno possibile (nonostante le preoccupazioni per far ripartire l'economia) e realizzare in proprio le cose (ispirandosi alla povertà evangelica) riappropriandosi del senso della manualità. Oppure verificare cosa si può condividere senza la pretesa di avere tutto di proprietà: automobile, libri, lavatrice, tosaerba, ecc. (ispirandosi alla proprietà in comune della prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli). Oppure limitare viaggi e esperienze varie, verificando prima quanto un'esperienza trasformi effettivamente il proprio modo di vivere (della serie: poche esperienze ma di qualità). E chissà cos'altro...

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