18 febbraio 2017

risiko

E dopo la questione vocazionale scatta ora la questione della "razionalizzazione" dei sacerdoti, ovvero come distribuire al meglio i sacerdoti in base alle parrocchie e agli abitanti. Ipotesi che sta circolando in vista di una democratica discussione nelle opportune sedi. Buona l'ipotesi ma è solo l'ultima di una serie di ipotesi già avanzate negli anni scorsi.
Quali sono i difetti di impostazione?
1) se conti gli abitanti di una parrocchia intendi non tieni conto di quanti di questi sono di altre religioni e quanti non sono coinvolti dalla fede
2) se dividi i sacerdoti in base agli abitanti non stai dividendo i sacerdoti ma i "posti lavoro". Un sacerdote spiritualmente carico può tenere due "posti" e uno spitualmente scarico  ne tiene "mezzo".
3) difficile dividere a tavolino: una comunità coinvolta è diversa da una comunità sconvolta (magari dal prete che c'era prima)
4) Ma soprattutto: se il sacerdote è legato alla celebrazione eucaristica, che ci azzecca il numero di abitanti? Altrimenti avrebbe fatto il farmacista oppure il dirigente scolastico: dove vale la pena celebrare l'eucaristia? Lì allora ci vuole un prete e non viceversa.
La tentazione del "risiko" sacerdotale (quante armate per quanti territori) è terribile: ci cascano tutti quelli che mettono mano alla "razionalizzazione" delle forze.



"Ma l'uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito" (1Cor 2,14)

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