15 febbraio 2017

vocazioni e sacerdoti

Ieri ho assistito di sfuggita ad un confronto in quella che viene definita segreteria diocesana sul futuro della pastorale vocazionale intrecciato alla questione della riduzione drastica dei seminaristi. Me ne sono tornato a casa con un rovello che non sono riuscito ad esprimere ieri: un conto è sviluppare la pastorale vocazionale (intendendo per questo la consapevolezza di essere chiamati ad una posizione precisa all'interno della chiesa e del mondo, coerente con il disegno di Dio) e un conto è riflettere sulla diminuzione dei seminaristi. Fino a ieri si sono unite le due cose dicendo che il Signore non ha smesso di chiamare persone alla via del sacerdozio  ma che si fa più difficoltà ad ascoltarlo e di qui l'esigenza della pastorale vocazionale. Salvo poi precisare che la vocazione non è solo quella del sacerdote ma anche quella alla vita familiare e alla vita religiosa.
Ma chi l'ha detto? E se veramente il disegno di Dio fosse una chiesa in cui l'apporto dei sacerdoti sia meno invasivo e ci fosse più spazio per i laici e per nuove forme di consacrazione, tipo diaconi o altro? Allora veramente chiamerebbe meno persone al sacerdozio ma questo è un discorso diverso dalla pastorale vocazionale. Come al solito si danno motivazioni teologiche ad una situazione in cui il moltiplicarsi di parrocchie e la sovraesposizione dei sacerdoti a scapito del resto del popolo di Dio è stata una eccezione e non la norma.

"Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo" (1Pt 1,4-5)

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