06 marzo 2017

dall'utero in affitto alle famiglie allargate

Ieri abbiamo sentito ancora una volta la testimonianza di una coppia di terziari carmelitani, Jerry e Mariella, che hanno avviato da 15 anni una casa famiglia dalle parte di Chieri. Ancora una volta la loro testimonianza è stata molto efficace, per i risvolti insieme psicologici e spirituali che essi danno alla loro opera.
Ascoltandoli ancora una volta mi veniva in mente di come il fatto che genitori dello stesso sesso oppure di sesso diverso che non possono aver figli si rivolgano alla fecondazione eterologa o addirittura alla maternità surrogata sia considerato un atto di pietà. Non che non lo sia: probabilmente solo coloro che accedono a queste strade possono dire il perchè lo fanno. Ma ascoltando la testimonianza di coloro che giocano la loro maternità/paternità sull'affido e sull'adozione alla fine la pietà degli altri passa attraverso il fatto "che siano comunque bambini 'miei', 'nostri' ". Questo dà un certo colore alla relazione successiva, che inizia con questa nota stonata, basata sulla convinzione che le tecniche utilizzate siano un affare meramente tecnico. Ma come diceva Kahlil Gibran: "I figli non sono i vostri figli".

"Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre». (Mt 12,48-50)

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