06 aprile 2019

la banalità del male

Ieri sera ho assistito alla rappresentazione dell' "oratorio" recitato sulla passione di Gesù di Luciano Nattino, intitolato "Il legno verde". Un'ora e mezza filata di recitato, senza cambi di scena, tutto affidato alla potenza della parola. E infatti la parola era potente se ha tenuto avvinti gli spettatori per tutto quel tempo, pur pagando qualche "assopimento" momentaneo. Ma tornando a casa mi dicevo che il tutto non era troppo convincente. Molto bello lo sforzo di entrare nel cuore dei vari personaggi e di andare al di là del testo evangelico per costruire dialoghi e monologhi. Ma il risultato era una scena in cui tutti si ponevano molte domande, molti dubbi: pochi erano i personaggi diretti, che non esitavano a torturare e condannare Gesù. Ma veramente Pilato si sarebbe fatto tutte quelle domande? Veramente i suoi discepoli avrebbero avuto mille dubbi? Veramente la Maddalena avrebbe avuto tutti quei pensieri in quelle poche ore?
Mi sembra che, come diceva Hannah Arendt, il male sia molto più banale. Chi lo fa, lo fa di getto e si giustifica, sul momento, perciò non ha tempo di farsi troppe domande. Chi ne è coinvolto, lo subisce e cerca di resistere. Chi è preso dal dolore è troppo preso dal farvi fronte per spendere minuti di domande esistenziali.
Luciano Nattino è figlio del sessantotto, quando tutto, compresa la fede, si problematizzava. Oggi nell'epoca dei social è tutto più rapido e il problematizzare le cose è un obiettivo, non un punto di partenza.

"Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?" (Lc 23,31)

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