08 giugno 2025

Una triste veglia di Pentecoste

Ieri sera ho partecipato alla veglia diocesana di Pentecoste che mi ha intristito. E' stato un po' un segnale di quanto la chiesa di Asti sia involuta e sia ripiegata su se stessa e su una liturgia formale ma senza anima. La chiesa del Portone non era sufficientemente piccola per evitare posti vuoti e più che l'unione di popoli sembrava la divisione delle tribù: i volontari del santuario e i loro foulard azzurri, la Legio Mariae e i loro foulard bianchi, le religiose e il loro abito, i giovani in partenza per il Kenya che ad un certo punto sono saliti al famigerato sacello, sancendo il fatto di essere lì per un loro motivo. Eppure i motivi ci sarebbero stati tutti: Pentecoste è più importante di un Corpus Domini o di un venerdì santo ma l'impegno per organizzare la veglia è al ribasso da molti anni, da quando ormai si cerca in tutti i modi di collegarlo con qualcosa per assicurarsi una partecipazione (una volta le ordinazioni, adesso un gesto missionario che dall'essere segno della partenza di qualcuno per qualche anno è diventato segno della partenza di qualcuno per due settimane). Il Papa l'aveva trasformato in occasione di preghiera per la pace ma nessuno se n'è accorto se non qualche parola del Vescovo nell'omelia. Formalmente impeccabile, con una preparazione liturgica dei dettagli assoluta e un grande impegno del coro. Ma la pianta è bellissima ma finta. 

"Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me" (Gv 15,4)

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