20 febbraio 2013

convegno incomprensibile

Ieri ho partecipato a Milano al convegno della facoltà teologica su "I gesti e le parole. Una fede che passa all'atto". Era da molti anni che non frequentavo più quell'ambiente e ne sono uscito sconsolato. Primo perché il linguaggio era oscuro, ermetico e per pochi iniziati (ma questo già lo sapevamo). Ci si chiede sempre se usare un linguaggio simile sia questione di creare una élite oppure sia solo un semplice parlarsi addosso.
Secondo perché le intuizioni buone (e ancora valide oggi, visto che la pastorale fa come se fossimo ancora in piena cristianità) non sono evolute, ma sono quelle di almeno sette anni fa. Salvo che adesso la seconda generazione di docenti le rendono ancora più oscure.
Terzo perché non ci si scrolla addosso la sensazione di essere in un salotto di narcisisti, visto che in tutte le relazioni non si è citato neanche lo straccio di un autore (possibile che su questi temi nessun altro scriva oggi?) e quando si cita qualche filosofo (ieri si è citato Leibniz, Kant e in parte Heidegger) lo si cita strumentalmente, tanto per riaffermare idee proprie. Ma questo è il problema di ogni teologo che non sia anche filosofo.
Scusate la tiritera da intellettuale, ma forse la domanda che riguarda tutti può essere: perché a volte si parla così difficile?

2 Commenti:

Alle 20 febbraio 2013 alle ore 23:17 , Anonymous Anonimo ha detto...

...Anche per questo giova leggere Ratzinger: chiarezza, profondità, attualità e... apertura alla modernità (sempre citando).
Me ne innamorai leggendo: "Nessuna salvezza fuori della Chiesa?"
...Superlativo!
Cfr Il nuovo Popolo di Dio, Queriniana, Brescia 1992, pp. 365-389.

 
Alle 21 febbraio 2013 alle ore 10:19 , Anonymous dino ha detto...

Anch'io penso che Ratzinger sia un modello di linguaggio profondo, comprensibile e profetico, anche se alcune sue idee sono "proprio sue" e non necessariamente condivisibili.
Quando leggi le sue omelie vi trovi l'esegesi non intellettualistica e l'afflato spirituale non "spiritualistico".

 

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