21 febbraio 2013

laici-clero: il parere di John Henry Newman

Su "Vita e pensiero" 5/2012 c'è un articolo molto illuminante sulla concezione di Newman sul rapporto laici-gerarchia, che trae spunto da un vicenda in cui si è trovato coinvolto dopo la sua "conversione" al cattolicesimo. La sua idea, in sostanza, è che la Chiesa trova la sua pienezza quando tiene conto del "sensus fidei" di tutti e che il ruolo della gerarchia sia quello di saper interpretare questo "sensus" e trasformarlo in guida. In concreto. Si dice che il "consiglio pastorale" a tutti i livelli debba "consigliare" perché non è un organo democratico assoluto (in cui si vota a maggioranza) e che compito del sacerdote / vescovo sia di convocarlo e farsi consigliare. Questo va bene per il diritto.
Ma forse c'è qualcosa di più: il ruolo del sacerdote / vescovo dovrebbe essere quello di convocare il consiglio per poter cogliere il "senso della fede" e prendere eventualmente decisioni che non lo contrastino apertamente. I laici dovrebbero essere meno collaboratori del clero e più "laici" per poter esprimere al meglio il loro sensum fidei e il clero dovrebbe essere meno laico (usando logiche da consiglio di amministrazione, da monarchia assoluta e/o costituzionale, da stratega pastorale) e più "clero" per poter svolgere bene la funzione di interprete e di guida.

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