20 marzo 2016

asti god's talent

Ieri sono andato a vedere Asti God's Talent seconda edizione, sia perchè partecipava il coro giovani  di San Domenico Savio, messo su per l'occasione, sia perchè ci cantava pure mio nipote. Doppio interesse.
Una serata preparata a lungo e bene, con professionalità da parte soprattutto dei conduttori, che hanno fatto la loro parte senza strafare. Chissà quanti altri hanno dato una mano: non è semplice usare il teatro Alfieri con tutte le norme del caso.
Sette cori giovanili per i quali ci sarebbe da dire per pagine, perchè lasciavano trasparire il cuore della loro esperienza di comunità parrocchiale e anche spesso il vissuto di fede. Colpiva soprattutto la varietà di espressione: canti religiosi però interpretati con modalità diverse e con sensibilità diverse.
Niente male per fare da volano alla Gmg di Cracovia: l'inno finale ha strappato il pezzo.
In tutto questo una nota stonata: il talent. Non in quanto competizione, perchè quella ci sta e invoglia. Ma o è competizione vera con una giuria competente che giudichi il merito artistico (o forse anche altro, basta dichiarare le intenzioni). Oppure è un'espressione della varietà, al di là della resa artistica e allora niente competizione. Anche la presenza di calibri come Paolo Conte non hanno chiarito; bello l'averlo in sala anche come segno di apertura del mondo ecclesiale al mondo musicale. Ma che cosa ha votato: da critico musicale oppure da invitato ad un happening del  mondo giovanile ecclesiale?
Quando si imitano le forme prese dal mondo dello spettacolo ad un certo punto si arriva al bivio e si deve compiere una scelta: tenere tutto insieme ricorda l'espressione di una volta "alla viva il parroco".

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