24 settembre 2012

un altro amico che se n'è andato

Sono già passati alcuni giorni da quando è giunta la notizia della morte in Albania di don Genc Tuku (i funerali sono stati martedì scorso). Era il sacerdote albanese con cui collaboravamo da qualche anno e che ci aveva ospitati per ben due volte da lui con alcuni giovani. Improvvisamente è deceduto all'età di 37 anni, si sospetta per un infarto (ma non conosciamo ancora gli esiti dell'autopsia). Un sacerdote decisamente attivo e molto disponibile ad ogni ora, pieno di entusiasmo e di voglia di costruire la comunità, anche molto imprenditoriale nella sua ricerca di fondi per le opere.
Sembra incredibile che se ne sia andato così e nello stesso tempo sembra incredibile che l'organizzazione di un convegno diocesano (sabato scorso) e l'avvio delle attività pastorali dell'anno mi abbiano distratto così tanto da non avvisare neanche i giovani che erano stati con me in Albania (l'hanno saputo dagli amici albanesi via skype). Quel che in Albania è segno di valore (l'attivismo di don Genc) qui è limite. Qual è il segno di valore qui? A sentire il convegno diocesano di sabato scorso, il segno di valore è l'attenzione alle persone e la capacità di costruire relazioni significative e umane (anche educative se si ha a che fare con giovani). Le cose non sono incompatibili: don Genc era capace di fare le due cose. Per noi invece è qualcosa da imparare.

3 Commenti:

Alle 28 settembre 2012 alle ore 15:56 , Anonymous Anonimo ha detto...

Non capisco perché dici che l'attivismo come quello di don Genc qui sarebbe un limite e non potrebbe rientrare nei segni di valore?
Sono d'accordo che lo siano l'attenzione alle persone e la capacità di costruire relazioni significative, ma avere un "piglio imprenditoriale" anche nelle parrocchie sarebbe auspicabile. Mi ricordo che, ad una celebrazione di ordinazione di nuovi sacerdoti, il Vescovo disse che i nuovi preti non si aspettano così tanta burocrazia, ma vorrebbero solo curarsi delle anime...e invece, come un buon padrone di casa (o, meglio, come un buon amministratore delegato o capo esecutivo di un'azienda), sarebbe giusto che, oltre alla cura delle anime, ci si impegnasse personalmente anche in quella della "casa/azienda" e in una costante ricerca di fondi.

 
Alle 28 settembre 2012 alle ore 19:53 , Anonymous dino ha detto...

hai ragione. Ma per attivismo posso intendere l'idea che fai bene se fai tanto. Non so se è solo una mia idea ma qui da noi sarebbe meglio fare "il giusto", cioè non solo in termini di quantità (né troppo né troppo poco) ma in termini di qualità: intervenire al momento giusto (né troppo presto né troppo tardi)

 
Alle 30 settembre 2012 alle ore 09:06 , Anonymous Anonimo ha detto...

sì, certo...difficile, però, stabilire a priori la "quantità giusta" d'intervento: credo che si possa valutare solo a posteriori e, magari, dolersi del fatto che non è stato sufficiente...quindi meglio abbondare un pò prima e non accontentarsi di fare solo stretto indispensabile.E' difficile, ma si dovrebbe cercare comunque di vivere in modo più dinamico, operoso e volto al futuro:a me piace molto lo "Stay hungry, stay foolish" di Jobs, perseguendo il quale ti impegni in prima persona a fare di più e a non sederti sugli allori, ma ad andare avanti con più forza a dispetto delle avversità e di quelli che, invece, tendono a fare il minimo e a scaricare il barile sulle spalle degli altri (che, poi, alla fine, sono sempre le tue).

 

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