02 novembre 2012

La ballata del vecchio marinaio

Ho visto citato in questi giorni su un articolo in ecclesiastichese la ballata del vecchio marinaio di Samuel T. Coleridge, che avevo studiato tanto tempo fa alle superiori in letteratura inglese e che ho riletto recentemente. E' la vicenda di un marinaio su una nave che a causa dell'uccisione di un albatro che li seguiva, è destinato a vedere la morte di tutti i suoi compagni a causa della bonaccia. Il vento riprenderà solo nel momento in cui egli benedice Dio per le meraviglie della creazione.
Potente immagine del rapporto tra uomo e ambiente / creato,  con toni quasi visionari, che rasentano la follia (del protagonista o anche dell'autore?). Ma peggior follia è la fobia da cemento che fa sostituire i giardini con le colate "per tenere pulito", che fa edificare prima ancora di verificare se ci sono alloggi vuoti. E da poco la popolazione mondiale che vive in città ha superato quella che vive in campagna. E' Coleridge il visionario oppure sono visionari i palazzinari?

8 Commenti:

Alle 7 novembre 2012 alle ore 16:24 , Anonymous Anonimo ha detto...

Dopo che ho letto il tuo post ho ricordato che anch'io l'ho studiata alle superiori, ho riaperto il libro di letteratura inglese di allora, ho riletto la ballata e le notazioni dettate dalla mia prof...quanto tempo fa...però me la ricordavo ancora!

Vero che oggi si copre tutto col cemento e poi, alle prime piogge, viene giù il mondo e si chiede lo stato di calamità ...ma pensarci prima, no?
Sono andata a cercare qualche dato:
75 ettari al giorno...a questo ritmo procede il consumo di suolo in Italia!
Nei prossimi vent’anni l’urbanizzazione sottrarrà altri 600 mila ettari alla natura. Negli ultimi 50 anni il tasso di cementificazione è più che triplicato.
Tra le cause principali del consumo di territorio in Italia l’abusivismo edilizio, troppi condoni che perdonano gli scempi architettonici, il boom di centri commerciali, periferie che esplodono sempre più verso l’esterno mentre le case in centro restano vuote e cadono a pezzi.
E di riqualificazione se ne intravede solo l’ombra.
Ho letto inoltre che bisogna difendere le aree verdi (e di conseguenza l’agricoltura) dalla cementificazione, anche perché il cemento divora il cibo, aumentando la dipendenza alimentare italiana.
Oggi copriamo il nostro fabbisogno alimentare per il 73% per quanto riguarda i cereali, per il 64% per il latte, per il 33% per le leguminose, per il 72% per la carne, per il 34% per lo zucchero, per il 73% per l’olio d’oliva.
Ma queste percentuali sono destinate a diminuire nei prossimi anni, con l’abbandono delle campagne ed il peso sempre più invasivo della cementificazione.
Oggi in Italia il 6,7% del territorio italiano è edificato. Nella Pianura Padana questa percentuale è del 16,4%: proprio nell’area agricola più estesa e maggiormente produttiva del Paese si concentrano le province più cementificate d’Italia.In cima alla classifica c’è infatti Monza e Brianza al 54%, seguono Napoli al 43%, Milano al 37%, Varese al 29% e Trieste al 28%. E ancora Padova, Roma, Como, Treviso e Prato.

Mi viene in mente un verso di una canzone di Battisti:
Che ne sai tu di un campo di... pannelli fotovoltaici? E dove va a finire, a questo punto, l'amore profano?!

 
Alle 10 novembre 2012 alle ore 12:44 , Blogger Rué ha detto...

Nei decenni scorsi la gente scappava dalle campagne per inseguire il sogno di una vita pulita e più leggera e remunerativa nelle città.
Oggi la delusione è palpabile e la voglia di tornare è tanta!
Ma ci si è illusi di un'altra bugia: che la vita in città sia più civile e offra maggiori spunti culturali; nulla di più illusorio, anzi soprattutto nelle città più grandi come Torino che per lavoro (e per nascita) frequento, si coglie proprio l'abbandono umano da ogni attività speculativa dell'intelletto in favore della speculazione economica.
Un mondo senza colori e senza natura, non è il passo successivo dell'umanità verso il progresso; ma un gradino rotto da superare nella scala da salire verso la vita in armonia con il creato.
Rué Libertà

 
Alle 10 novembre 2012 alle ore 14:47 , Anonymous dino ha detto...

Peccato... Torino mi ha sempre affascinato come città, anche quando non era molto curata. L'ho sempre associata alla possibilità di curare interessi culturali e, dopo le Olimpiadi, è rimasta un sogno nel cassetto per respirare aria un po' europea. Eppure non sono ancora riuscito a visitare la Reggia di Venaria, tanto per dirne una.
Ecco: se mi facessero scegliere non so che cosa sceglierei tra lo stare a Torino e lo stare in montagna. Ma non certo in una città lugubre come la nostra... Forse opterei per la montagna, se non fosse che avanzando l'età crescerebbero le difficoltà. Una cosa è certa: non mi spiacerebbe essere sepolto in un cimitero di montagna e non certo in quel condominio di morti del cimitero di Torino.

 
Alle 10 novembre 2012 alle ore 21:26 , Blogger Rué ha detto...

Sicuramente la galleria dello Juvarra nella Reggia di Venaria, è qualcosa di grandioso, e anche la città oggi è molto più carina dopo la nuova sistemazione di Piazza Castello...
Però secondo me - come molte grandi città - sta allontanando l'uomo dall'uomo più che altrove; sono resistito a Torino fino all'età di 35 anni, ma adesso sono 17 anni che vivo nelle splendide campagne del monferrato e mai mi adetterei nuovamente a vivere in città.
Asti, è diventata la mia seconda città perché più vicina (28 km, abito ad Odalengo Piccolo) e la trovo una città già più vivibile e con un bel centro storico medievaleggiante.
Ma probabilmente molti di noi trovano sempre più affascinante l'erba del vicino che la propria!
Ad ogni modo, amo oltremodo tutta la natura e anche se gli anni ormai sono 52, e tutti i giorni viaggio per andare a lavorare a Torino (cosa faticosa e onerosa) sono felice di stare in campagna e non riuscirei mai a pensarmi in un condominio...
Però a messa vengo da voi ad Asti, e trovo le tue (se possiamo darci del tu) omelie molto interessanti!
Sono comunque molto critico sul modo di sviluppo delle città odierne in generale, forse il villaggio di una volta permetteva ancora i rapporti umani e con la natura tutta...
Qui da noi a Odalengo, una stretta di mano vale ancora come un contratto firmato!
Rué Libertà

 
Alle 11 novembre 2012 alle ore 00:39 , Anonymous dino ha detto...

A proposito delle strette di mano che valgono un contratto (colgo l'ultimo spunto solo perchè ci ho riflettuto molto sopra...). Se si rispettasse l'ottavo comandamento non ci sarebbe bisogno dei notai. La parola sarebbe sufficiente e la sua forza, come il valore di un bene, starebbe nel non moltiplicarla ma tenerla su di prezzo.
Complimento per complimento, bella la tua firma. Ma Ruè significa qualcosa?

 
Alle 11 novembre 2012 alle ore 13:08 , Blogger Rué ha detto...

"Non moltiplicare la parola, ma tenerla su di prezzo."
Ottima riflessione, e di questi tempi avremmo davvero bisogno di ridare qualità alla parola più che quantità.
E soprattutto di riconoscere la Parola che nutre come l'unico bisogno insopprimibile dell'uomo...

Il mio nome è Roberto Maria Alberti; ma essendo un chitarrista e compositore, ho usato nei miei dischi questo nome di "quasi fantasia"...
Quando ero piccolo un bambino su due si chiamava Roberto, e quando si giocava nei cortili, ci si riconosceva con il nome più la prima lettera del cognome, quindi io ero Roby A.
Inutile dire che questa assenza di identificazione l'ho sempre sofferta, mi sembrava quasi che il mio nome fosse un "nome comune di cosa".
Appena ho potuto scrivere musica mia, ho cominciato a firmarla come Rué, che starebbe per Roby Unico Esemplare; non c'è ovviamente nessuna intenzione di prendere le distanze dagli altri, anzi! Semmai di complementarsi restituendo una faccia a un nome.
Libertà, non è atro che uno degli anagrammi possibili del mio cognome Alberti; ed è quello che più mi assomigliava e quindi mi sono iscritto così anche su facebook e così ho anche chiamato il mio sito...

 
Alle 11 novembre 2012 alle ore 16:50 , Anonymous dino ha detto...

beh piacere della conoscenza. Magari facciamo due parole a voce (non di più sennò la parola perde di valore, ahahahah)

 
Alle 11 novembre 2012 alle ore 21:33 , Blogger Rué ha detto...

Volentieri. Magari domenica prossima prima o dopo la messa..., come vuoi.

 

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