17 ottobre 2020

Essere del popolo

 Ieri ho ricevuto un'osservazione da uno che conosco e che è passato in chiesa e col quale abbiamo fatto due parole. Mi ha detto che io sono uno del popolo. Non ho mai ricevuto un'osservazione che mi abbia fatto più piacere e sta cosa si è ficcata in testa e me la sono portata dentro tutto il giorno. Al pomeriggio a Torino mentre andavo verso la stazione attraverso p.za Castello e v. Lagrange affollate di gente era come se mi sentissi parte di questo popolo oggi mascherato ma pur sempre vivo.

Ho pensato soprattutto il perchè questa osservazione mi ha colpito così tanto. Neanche sentirsi dire che uno è umano, che uno è intelligente, che uno è mezzo matto, che uno è originale mi ha fatto tanto piacere: essere del popolo significa sapere che si è parte di una collettività non indefinita come il genere umano ma definita come il popolo (contrapposto alle autorità). Allora sì: un prete del popolo non è una autorità. Non ha delle debolezze di cui vantarsi perchè delle debolezze si patisce e non ci si vanta (solo s. Paolo si vantava delle sue debolezze e in senso mistico). Ma è come gli altri, sul piano degli altri. E' più impregnato di vita quotidiana che di vita ecclesiale e se ha qualche dote è perchè altri ne hanno altre e ci si dà una mano reciprocamente.

Sì ieri è stata una gran bella giornata e solo per una frase.

"Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?»." (Mc 6,3)



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