30 marzo 2020

le esequie al tempo del virus

Ora posso capire che cosa si muove al tempo del covirus.
1. Ieri con la mia famiglia ci dicevamo che tutto sommato non poter ricevere visite e non dover sobbarcarci la questione del funerale di una persona che avrebbe attirato tanta gente (per diversi motivi) rendeva tutto più intimo era un valore aggiunto
2) oggi al cimitero eravamo in 7: io, mia madre, mia sorella, mio cognato, mio nipote e una signora con il figlio che si sono tenuti a distanza, ma che volevano esserci. Ho capito che un sacco di gente avrebbe voluto esserci e che non c'è stata; mi ha mandato all'aria la riflessione del giorno prima
3) stasera mi ha cercato la mia professoressa di italiano delle superiori perchè era morto il marito e cercava di capire come fare. Non l'avevo più sentita dal 1984. Il momento della morte segna il punto di incontro tra società secolarizzata e richiesta della presenza religiosa.
4) allora ho capito due cose:
- la gestione del covirus  non tiene conto assolutamente degli affetti nella situazione limite della vita umana: la morte. Lo si potrebbe capire in una società secolarizzata, che razionalizza tutto, non lo si capisce nella chiesa che ha sempre predicato che la logica di Dio non è quella del mondo
- ancora una volta di più mi rendo conto che la chiesa che chiede allo stato come regolarsi è come dare ragione alla favola di Esopo che riferisce del lupo che beve al di sopra dell'agnello è gli chiede perchè l'agnello la inquini. Ma con un esito differente: lì il lupo sollevava questioni per far mangiarsi l'agnello. Qui è l'agnello-stato che impone ad una istituzione di duemila anni di adeguarsi. E la chiesa si adegua, anzi chiede consigli allo stato per sapersi regolare e poi mette avanti le questioni etiche per dire che è giusto così. Ma non è giusto così: c'è qualcosa che non funziona

Etichette: ,

1 Commenti:

Alle 31 marzo 2020 alle ore 09:49 , Anonymous Anonimo ha detto...

«Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, erano venuti allo stesso ruscello.
Il lupo stava più in alto e, un po' più lontano, in basso, l'agnello.
Allora il malvagio, incitato dalla gola insaziabile, cercò una causa di litigio.
"Perché - disse - mi hai fatto diventare torbida l'acqua che sto bevendo?
E l'agnello, tremando:
"Come posso - chiedo - fare quello di cui ti sei lamentato, o lupo? L'acqua scorre da te alle mie sorsate!"
Quello, respinto dalla forza della verità:
"Sei mesi fa - aggiunse - hai parlato male di me!"
Rispose l'agnello:
"Ma veramente... non ero ancora nato!"
"Per Ercole! Tuo padre - disse il lupo - ha parlato male di me!"
E così, afferratolo, lo uccide dandogli una morte ingiusta.
Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.»

«Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi.
Superior stabat lupus, longeque inferior agnus.
Tunc fauce improba latro incitatus iurgii causam intulit:
"Cur - inquit - turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?"
Laniger contra timens:
"Qui possum - quaeso - facere quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor."
Repulsus ille veritatis viribus:
"Ante hos sex menses male - ait - dixisti mihi".
Respondit agnus:
"Equidem natus non eram!"
"Pater, hercle, tuus - ille inquit - male dixit mihi!"
Atque ita correptum lacerat iniusta nece.
Haec propter illos scripta est homines fabula qui fictis causis innocentes opprimunt.»

Fedro (20/15 a.C. circa – 51 d.C. circa)

 

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page