13 giugno 2022

Ma Leopardi era così pessimista?

 Ho terminato di leggere un bellissimo libro di Elido Fazi, intitolato "Potenza e bellezza. Cronache da Roma e da Parigi", che intreccia la vicenda di Napoleone con quella della famiglia di Giacomo Leopardi a Recanati. E quando parla di lui, lo chiama Giacomino e fa capire che era un genio fin da piccolo. Solo che non aveva quei tratti pessimistici e cupi con cui ce lo presentano a scuola: era solare, attratto dalle ragazze della sua età e amante degli studi. Il gioiello è l'orazione che scrive  a 17 anni all'Università di Macerata in seguito alla liberazione da Napoleone e al ritorno del papa. Si intitola "Orazione alla Liberazione del Piceno" e parla del desiderio di pace di tutti i popoli dopo la parentesi guerrafondaia di Napoleone. Eccone uno stralcio: "Per rispondere di sì, bisognerebbe supporre che la felicità delle nazioni consista nell'uso della forza, nelle armi, nella Potenza e nell'essere terribili allo straniero, nel poter con vantaggio cominciare una guerra e continuarla senza cedere, nel possedere le più distruttive armi che l'uomo abbia mai immaginato. Ma supponiamo che questa supposizione - e cioè che un Paese potente è anche il più felice - non sia vera, e che la vera felicità dei popoli possa essere riposta non nella Potenza ma nella pace necessaria alla creazione di cose belle, alle arti più utili, alle lettere, alle scienze, nella prosperità del commercio e dell'agricoltura, , fonti di ricchezza delle nazioni. Se questo fosse vero, e cioè che il paradigma per valutare la felicità degli stati è la Bellezza e non la Potenza, probabilmente non esisterebbe al mondo un popolo più felice di quello degli Italiani"... Splendido e attualissimo. Bravo Giacomino, non sembri proprio quello messo da parte e triste che tendiamo ad avere in mente...


" Come sei bella, amica mia,
come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre
che scendono dalle pendici del Gàlaad." (Ct 4,1)


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