28 novembre 2013

uomo a immagine di dio

Mi è capitato di leggere questi versi di Johann Scheffler (1624-1677) intitolati "Il pellegrino cherubico":
Non appena son fuso dal fuoco di Dio
subito Dio m'imprime il suo proprio essere.

L'immagine di Dio.
Ho in me l'immagine di Dio: se vuol vedersi
può farlo solo in me e in chi è come me.

L'uomo è immagine di Dio.
Ciò che Dio in eterno desidera e brama
egli lo vede in me quale sua immagine.

Tieni in onore l'immagine.
Ti pasci d'immagini e tu stesso sei un'immagine?
Che pensi di te stesso, come potrai sussistere?

L'anima è immagine di Dio.
L'immagine di Dio è impressa nell'anima:
beato che tal moneta porta in puro lino.

Dio non ha altro modello che se stesso.
Chiedi perché Dio ti abbia fatto a sua immagine?
Nessuno v'era, dico, che un'altra gliene offrisse.

Quando Gesù vien modellato nel cuore
se il cuore davanti a Dio è cera molle e pura,
uomo, lo Spirito vi stampa l'immagine di Gesù.

Li trovo molto belli. Sicuramente si riferiscono anche alla donna e non solo all'uomo maschio....

p.s. Johannn Schffler è il vero nome di Angelo Silesio.

26 novembre 2013

riconoscere la fede altrui

L'avevo già sentito dire durante gli esercizi spirituali e questa mattina lo trovo scritto sugli atti della settimana di spiritualità missionaria svoltasi nel 2012 a Loreto. "Che la nostra missione, che la missione della chiesa, almeno in parte, debba consistere anche (ma io penso soprattutto) in questo: cercare presso altri, presso 'quelli di fuori' questa fede per riconoscerla, stupirsene, ammirarla e finalmente additarla al mondo? Vi immaginate l'effetto-sorpresa di un cristiano che dice: 'Vedi, quello lì è un esempio di fede'. 'Ma non è neanche cattolico?' E allora? Dio è il Dio di tutti, non solo dei cattolici!'. A me interessa prima di tutto e soprattutto il cattolicesimo o m'interessa il Signore? M'interessa che uno si faccia cristiano o che sia felice? A Dio sembra interessa che 'abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza (Gv 10,10). Il resto è importante, ma questa cosa è più importante di tutto".
Forse il linguaggio è un po' radicale ma che la nuova evangelizzazione sia anche "dare nome" a esperienze che non si riconoscono più come religiose penso sia una strada interessante.

25 novembre 2013

esercizi finiti

Tornato venerdì dagli esercizi spirituali sono subito precipitato nella mischia. Alcune cose che mi sono portato a casa dagli esercizi:
- meglio individuare i modi con cui lo Spirito opera nelle persone e di lì tirar fuori qualche nuova idea sull'agire pastorale più efficace
- nel contesto secolarizzato meglio ripartire daccapo: ricreare relazioni significative senza star troppo a distinguere tra credenti e noncredenti: prendere spunto da come facevano gli apostoli nelle prime comunità
- piedi per terra: "dare spazio ai laici" è uno slogan vecchio, non perché non sia giusto ma perché in certe situazioni bisogna ancora trovarli i laici. Conversione pastorale: ricreare collaborazioni corrette e abbandonare certi privilegi
- l'insegnamento di papa Francesco: lo stile è buona parte del contenuto. Non solo strategie, ma riprendere lo stile di Gesù nell'attenzione a tutti e nell'occhio di riguardo verso i piccoli.
-.... anche altro. Pensieri maturati anche facendo un giro nei dintorni (Costabissara, dopo Vicenza): ecco qualche immagine

17 novembre 2013

si parte...

Per gli esercizi spirituali. Tre pensieri:
- come i giovani si avvicinano alla fede (e come se ne allontanano): si può sapere?
- cosa diventerà la chiesa di papa Francesco
- come far ripartire nella gente la voglia di progettare il futuro

13 novembre 2013

star bene o essere felici?

Trovo che la riflessione dell'Agesci (scout) sulle cose che riguardano il mondo educativo siano spesso acute, comprensibili e fedeli al mondo dei ragazzi. Per esempio sull'ultimo numero della rivista "Progetto Educativo", tutto centrato sull'affettività, c'è un articolo che distingue lo star bene dall'essere felici. In particolare questo ragionamento mi è rimasto impresso: "Questo modo di cercare la felicità (nel senso dello star bene) ha due premesse fasulle. La prima è che l'individuo esista a prescindere dagli altri. La seconda è che ciò che conta è solo il presente (meglio: l'attimo presente). La prima premessa è falsa. Tutti noi esistiamo solamente in relazione agli altri. Sono altri che ci hanno messo al mondo, altri che ci hanno fatto e fanno crescere, altri che ci permettono di vivere (...) Aggiungo che la concezione cristiana di Dio esclude persino che Dio stesso possa esistere da solo. Tanto è vero che lo si descrive come una comunità (Trinità). La seconda premessa è altrettanto irreale. L'attimo presente è del tutto inafferrabile. E' un punto. Nel momento in cui lo penso, è già passato. Ancorare la propria vita (anche affettiva) all'attimo presente significa costruirla sul nulla".
A proposito di affettività: bellissimo il film "Bianca come il latte, rossa come il sangue".

10 novembre 2013

la forza dei cori popolari

Ieri sera c'è stato un concerto di cori popolari in chiesa e ho potuto apprezzare la loro forza e la loro significatività. Questa era già la nona edizione, però forse per la prima volta presto una attenzione tutta particolare. Ecco alcune cose che mi sono rimaste:
- per i canti di montagna la forza sta tutta nelle suggestioni che evoca: chi ama la montagna può capire
- per i canti popolari la forza sta nell'identità profonda che suscitano (e che suscita un po' di nostalgia) e nella loro capacità di aggregare
- ho scoperto anche i canti popolari "di contestazione", per esempio uno contro Carlo Felice e uno sulla triste vicenda di Carolina di Savoia, figlia di Vittorio Amedeo II: qui la forza sta nel non adeguarsi...
- c'è poi una forza "trasversale" che sta nelle ricerche storiche dietro i singoli canti che ogni tanto venivano presentate e nell'impegno che ci mettono coloro che cantano.

06 novembre 2013

tre livelli di dialogo

Sul  numero di "Il Regno" di ottobre 2013 è uscito un breve saggio di un arcivescovo emerito indiano, tal mons. Thomas Menamparambil, sulla "Missione in India", con degli spunti realmente interessanti anche per la nostra realtà. In particolare lui sottolineava tre livelli ai quali è possibile il dialogo tra religioni e culture diverse:
1) il dialogo per risolvere problemi immediati
2) il dialogo perché ci sia scambio e aiuto reciproco tra culture e religioni diverse
3) il dialogo per mettersi in gioco fino in fondo e ricercare la verità unica.
Anche la vita di una persona o di una comunità (parrocchiale o diocesana) potrebbe essere articolata così:
1) in che modo risolvere problemi immediati della gente, mettendosi a fianco di chiunque abbia un po' di buona volontà, senza fare troppo le "pulci" su chi siano gli altri
2) in che modo conoscere le idee diverse degli altri, nel reciproco rispetto
3) in che modo fare dei percorsi insieme, che vadano al di là dei problemi immediati o della "vetrina folkloristica multietnica"

04 novembre 2013

san carlo borromeo

















Leggendo qualcosa su san Carlo Borromeo, di cui oggi si celebra la memoria, viene sempre voglia di vivere con lo spirito di chi "è in piena riforma" e non si lascia tentare dall'abitudine. Certo il cambiare sempre non è indice di stabilità, però lo sperimentare sempre nuove forme di vivere e comunicare il Vangelo penso possa essere sintomo di salute... I fronti potrebbero essere  numerosi:
- trovare il giusto modo di parlare con i giovani per colpire il loro
cuore
- trovare il giusto modo di interessare i bambini e sollecitare il loro stupore
- trovare il giusto modo di farsi interpellare dalle persone povere, senza trattarli da assistiti
- trovare il giusto modo per trasmettere il Vangelo attraverso l'insegnamento di qualunque materia
- trovare il giusto modo di coltivare le arti e di comunicare il senso del Vangelo attraverso la capacità artistica
- trovare il giusto modo di vivere uno stile di vita cristiano che non sia moralistico ma sia bello e appetibile (anche una certa austerità potrebbe diventare appetibile, non invece l'austerità di chi è duro e puro)
- trovare il giusto modo.......