La svolta sinodale
Ho lasciato passare due giorni dal ritorno dal Sinodo Italiano a Roma per scrivere qualcosa. Due giorni per lasciar acquietare le turbolenze che hanno generato quell'evento e la grande decisione di prolungare i tempi, rinviando addirittura l'Assemblea dei vescovi di maggio che avrebbe dovuto ratificare il documento finale, con la conseguente decisione di indire una terza assemblea sinodale il 25 ottobre prossimo. E tutto per un dibattito in sala Nervi martedì mattina in cui la stragrande maggioranza degli intervenuti ha sparato a zero, pur con pacati, sul documento fatto a proposizioni. Al di là di quello che è effettivamente capitato e che magari sarà l'occasione per un post domani, l'impressione è che per la prima volta la Chiesa Italiana nelle sue articolazioni centrali sia ben più avanti del tran tran di diocesi e parrocchie che continuano stancamente a rimescolare minestra scaldata perchè non vivificata dal metodo sinodale. Un metodo che richiede pazienza (e noi tendiamo a cercare i risultati subito), tenacia (che non esiste se continui a passare da un programma all'altro senza cercare di capire se è stato incisivo) e sostanza (che noi italiani abbiamo poco, al punto che pensiamo che basti parlare e discutere delle cose per averle fatte). Un metodo che richiede dei passaggi precisi e non solo il generico ascolto, ma neanche solo la decisione: occorre non solo vedere e agire, ma anche valutare e valutare alla luce dello Spirito. Intanto una decisione l'ho già presa: dopo due anni di assenza di un consiglio pastorale della città con la presenza di laici e di tutte le anime delle parrocchie cittadine non parteciperò più ad incontri del clero della città, responsabile di questa inerzia e soprattutto neanche conscio di quanto sia sbagliato decidere sulla sorte della pastorale urbana (sempre che ne esista una) senza la voce dei più.
"Non contendere con un uomo chiacchierone
e non aggiungere legna al suo fuoco." (Sir 8,3)